brakucha

NEL MIO BLOG SI PARLA PRINCIPALMENTE DEI MIEI INTERESSI, IL CINEMA SU TUTTI O QUALSIASI ALTRA COSA MI PASSI PER LA TESTA

sabato, maggio 26, 2007

THE OFFICE

"The Office" è una serie inglese di qualche anno fa, precisamente due stagioni di 6 episodi ciascuna nel 2001/2002 e due episodi speciali nel 2003.
L'ho scoperta su Sky, sul canale BBC prime, quindi in lingua originale con i sottotitoli in italiano. Quindi scusatemi, ma per me è quello "The Office", e non gli episodi che manda in onda Mtv doppiati malamente in italiano. Mi rifiuto di vederli.
Detto questo, è stata una scoperta sensazionale, che ha ribaltato la mia personale top5 delle serie televisive.
Il creatore della serie è Ricky Gervais, insieme al suo amico Stephen Merchant (Oggie).
Oltre che l'autore, Gervais interpreta anche il personaggio principale, ovvero David Brent.
Su questo personaggio si possono scrivere migliaia e migliaia di pagine, per la sua originalità, complessità, ironia, per i rapporti che si è creato, per la sua vita privata... insomma, è spunto di numerosi temi di interesse.
Il suo scopo principale è semplice quanto complicato: far ridere.
Ma lui fa ridere involontariamente.
Premetto che la serie è la rappresentazione di un finto documentario che studia la vita in un ufficio, quindi ci sono delle telecamere che seguono gli impiegati durante il loro lavoro, una specie di finto reality (nel significato originario del termine).
David è il boss in questo ufficio, ma il suo scopo principale non è il lavoro, probabilmente nelle sue priorità gli obiettivi lavorativi stanno all'ultimo posto. Lui vuole far ridere la gente, vuole essere considerato un capo simpatico e un bravo intrattenitore.
Per questo i dirigenti dell'azienda dopo un pò tempo non possono più sopportare i suoi comportamenti. Non possono più tollerare il fatto che il presunto capo ufficio spenda più tempo a "motivare" che a lavorare.
Il problema è doppio perchè i suoi intenti non si realizzano. Nonostante i tentativi, non riesce a risultare divertente come vorrebbe. Le sue battute sono sempre fuori luogo e inappriopriate per un posto di lavoro. La maggior parte delle volte è banale.
E' questo che ci fa ridere.
Un altro punto a favore della serie è la coralità. Ogni personaggio racconta una storia sua, è originale, difficilmente avete visto uno di queste personalità in altri film o serie TV.
C'è Tim, pervaso da un senso di nostalgia perenne dovuta al fatto che il lavoro in ufficio non è la sua aspirazione. L'unico modo per staccare dalla monotonia è fare scherzi a Gareth.
Chi è Gareth? Gareth, Gareth Keenan. Se non riuscite a pensare ad una persona realmente "strana", allora lui vi può aiutare. Vive in un mondo a parte, è un ex militare e qull'esperienza l'avra probabilmente segnato, non lo so... Ha una ironia tutta sua, non sopporta gli scherzi di Tim, come quella volta che Tim e Dawn gli hanno nascosto il telefono nella gelatina o incollato la cornetta alla tastiera.
Dawn sta alla reception e risponde al telefono. Lavoro noioso per chi voleva diventare una disegnatrice. Gli unici momenti di svago sono proprio gli scherzi che fa a Gareth insieme a Tim. La loro amicizia è al limite dell'innamoramento. Anzi, Tim questo limite lo ha pienamente superato.
Purtroppo Dawn è fidanzata con Lee, un operaio provinciale che lavora nell'area produttiva dell'azienda.
Questa è una situazione che possiamo incontrare in numerosissimi film, in qualunque serial, ma quì è diverso. Seppur il "Cosa" rimane uguale, il "Come" è decisamente diverso.
Gli intrighi amorosi sono raccontati in modo puramente genuino, senza tanti ricami o facili morali. In questo modo l'immedesimazione è quasi automatica.
Il fatto che Tim riceva un secco "no" da Dawn, per quanto riguarda la narrazione, è esattamente sullo stesso piano della performance canora di David ("Freelove on the freelove freeway" è veramente orecchiabile), o di altri avvenimenti che accadono durante le ore lavorative.
E' questa la differenza. Non c'è la musica di sottofondo a creare l'atmosfera giusta, non ce n'è bisogno. Niente contro quelli che lo fanno, anzi, esempio, in Scrubs è funzionale e risulta perfetto, pero in "The Office" non andrebbe, L'atmosfera è già soddisfacente da sola.
Non sto quì ad elencare gli altri personaggi comprimari, sono davvero tanti, ognuno diverso per la sua unicità.
La molla che mi ha spinto ad innamorarmi di "The Office" è il fatto che nella sua essenzialità risulta estremamente coinvolgente. Non mi vergogno a dire che nell'episodio finale della 2° stagione e nell'ultimo episodio, il 2° dello speciale di Natale, mi sono commosso...ma di brutto.
Se non avessero girato gli ultimi due speciali, gli autori sarebbero stati di una crudeltà mai vista. Anche se devo dire la verità, in fin dei conti non sarebbe stata una brutta idea lasciare la storia con quel cliffhanger messo lì, giusto per spiazzare i milioni di telespettatori. Ma forse è andata meglio come alla fine hanno deciso. Almeno ho visto altre due ore di televisione di alta qualità.

Anzi, non mi pento proprio di aver goduto di momenti di puro divertimento, come la scena del "gioco delle coppie" o il video musicale di David. Senza parole.
Potrei continuare ancora, ma mi fermo quì. Me ne pentirò, ci sono tante altre cose da scrivere, ma tanto la funzione "Modifica" l'hanno creata apposta.

Saluto tutti i lettori... saluto me stesso e vi rimando al prossimo appuntamento, sempre quì, sempre alla stessa ora, non mancate!!! E se non ci sarete, allora VAFFANCULO!!!
AhAhAh
AHAHAH (questo Italia 1 non lo dirà mai, ma state sicuri che lo pensa)



In questa scena David è chiamato a fare l'esperto, dovrà insegnare ad altri impiegati come presentarsi e proporsi sul mercato. Non chiedetemi come ci è riuscito, sinceramente non lo so.
Quale miglior occasione per Brent per esibirsi in uno dei suoi monologhi motivazionali...
La clip è in inglese, vi consiglierei di guardarla e riguardarla, anzi, se avete la possibilità guardatevi gli episodi con i sottotitoli proprio in inglese, vi assicuro che aiuta molto per chi vuole imparare la lingua.

sabato, maggio 19, 2007

LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO

Elio Petri ha realizzato questo film con l’intento di fornire una visione realistica della vita di un operaio, sia all’interno della fabbrica che durante la vita familiare.

Ha scelto di prendere sotto esame la storia di Ludovico Massa, Lulù per gli amici, forse per il suo cognome quanto mai significativo, ma soprattutto perché il percorso di questo operaio milanese tocca tutti gli aspetti che hanno segnato il percorso delle lotte operaie in Italia agli inizi degli anni ’70.

Massa è uno stacanovista, campione del cottimo, amato dai dirigenti e per questo odiato dai suoi colleghi. Quando però perde il dito durante il lavoro inizia a riflettere su ciò che è diventato, cioè un automa che rasenta la pazzia e decide di partecipare attivamente alle lotte operaie, spinto da studenti comunisti. Per questo motivo viene licenziato, ma il sindacato riesce a farlo riassumere dopo una lunga assemblea.

Questa essenzialmente è la trama principale, da cui possiamo scorgere molti aspetti utili al fine di una ricerca storica su quel periodo.

Già da subito capiamo che la Fabbrica ha un ruolo fondamentale nella storia del film e quindi nella Storia italiana. Questo tassello narrativo è sottolineato della marcia musicale che Enrico Morricone ha realizzato, componendo assordanti rumori di macchinari in azione e in questo modo scandisce con forza il tempo , riducendo tutta la giornata a stressanti ritmi di lavoro.

Questa musica è presente sia durante le ore lavorative, sia quando Lulù torna a casa ed è disteso a letto con la sua compagna.

La vita di Massa è perciò segnata profondamente dalla fabbrica, è perseguitato dall’atmosfera buia e monotona della catena di montaggio, non riesce a staccarsene neanche quando parla con il suo bambino.

Di conseguenza la sua vita sociale è pressoché inesistente: non riesce a soddisfare le esigenze della moglie a causa della stanchezza e a tavola gli unici interlocutori sono i personaggi della televisione.

Quando la scena si sposta all’interno di una abitazione, sentiamo sempre come sottofondo o la voce di Mike Bongiorno o le musiche del Carosello e la TV diviene l’unica fonte di luce in mezzo ad un buio esistenziale.

Questa realtà è ben descritta da uno studente che critica la situazione dell’operaio medio: lo ritiene pienamente succube al gioco del capitalismo che punta solamente a inculcargli l’ideologia del consumismo, ingannandolo attraverso finti modelli di vita imposti dalla stessa televisione, rendendolo così un semplice oggetto di mercato.

La compagna di Massa è l’esempio di questo pensiero: sogna pellicce di visone e il suo fine è la ricchezza. Questa figura è in contrasto con le tendenze del marito: durante un incontro tra compagni lei commenta: “Senza padroni, voi sareste tutti dei morti di fame”. Istiga così la platea comunista, invano calmata da Lulù con le parole:” Vota democrazia cristiana, ma è buona”.

Durante questo incontro ci accorgiamo inoltre di come Massa, convertito al movimento operaio, non sia in grado di integrarsi a pieno nel movimento: non riesce a seguire i difficili discorsi degli studenti e ne resta inevitabilmente escluso. Del resto, come potrebbe? Il suo lavoro consiste in un’azione manuale che si ripete per tutto il giorno. Non è coinvolto neanche nel processo produttivo della fabbrica: non sa neanche a cosa siano destinati i pezzi che produce con tanta fatica.

Come lui sono tutti gli operai che gli stanno accanto, tutti quelli che la mattina presto entrano dai cancelli e ne escono la sera tardi, ricordando nel loro fiumare la scena che apre “Tempi Moderni” di Chaplin, nella quale un gregge di pecore riempie lo schermo.

Il film di Petri infatti può essere comparato a quello di Chaplin, visto che entrambi hanno realizzato un’opera riguardante la vita degli operai in fabbrica estremamente allegorica.

Un’altra scena importante è quella degli scontri davanti i cancelli dell’imponente “BAN”. Tutto evoca una condizione militaresca: la presenza delle forze dell’ordine, l’aggressività che imperversa in ognuno dei partecipanti, l’ambientazione e il movimento agitato e brusco della macchina da presa rendono facile la similitudine con la guerra.

Si sono create tre fazioni in contrasto tra loro: il sindacato, la classe dirigente e i partecipanti alla lotta operaia.

Non assistiamo ad una vittoria di una categoria a discapito di un’altra, ciò che avviene è una contestazione dai toni emotivi molto alti, in cui Lulù Massa vi partecipa attivamente, anche troppo visto che come conseguenza del suo comportamento viene licenziato.

Ora Lulù è disoccupato, ma la Fabbrica rimane sempre presente nei suoi pensieri: quando va a prendere il figlio a scuola, non può fare a meno di osservare l’uscita dei bambini e compararla all’uscita degli operai a fine giornata.

E’ rimasto solo, nella sua casa buia e angosciante, e non è in grado di reagire. Vorrebbe prendersela con i capi, i capitalisti, quelli che se ne fregano di chi è Ludovico Massa e non farebbero niente per lui. Vorrebbe dare un calcio a quel dirigente, a quel riccone di turno. Eccolo, è lui: quel pupazzo di Zio Paperone che piace tanto al figlio. E’ lui il Capo del personale che non fa niente per riassumerti. Prenditela con lui Lulù, strappagli le piume, è l’unico modo che hai per farti rispettare. Buttalo contro il muro. Alla fine però non hai ottenuto niente.

Inizia ad ammalarsi la mente di Lulù, inizia ad assomigliare a Militino, anche lui ex operaio, ora dorme in un manicomio. E’ questo l’unico modo di liberarsi della puzza di fabbrica: diventare matto, e Massa ci sta riuscendo.

Però per vivere bisogna avere uno stipendio.

Cerca così di farsi aiutare per l’assunzione dagli stessi studenti che lo hanno spinto alla lotta, ma riceve una secca risposta:” A noi non interessano i casi individuali, noi vogliamo un discorso di classe”.

Quando dei rappresentanti del sindacato lo raggiungono a casa, iniziamo a sentire la marcia della pressa, un presagio all’ imminente notizia della riassunzione di Massa, che tornerà a lavorare alla catena di montaggio.

L’alienazione dell’operaio rimane ancora presente, nonostante le continue lotte.

Il binomio Petri-Volontè è in “La classe operaia va in Paradiso” più che mai funzionale agli obiettivi che il soggetto si era imposto: ci mostra, senza mezzi termini, la situazione dell’operaio in quel caldo periodo della Storia Italiana, cioè prima dell’avvento del post-fordismo che toglierà a questa classe sociale ogni suo ruolo attivo nel processo produttivo e dell’appannamento degli ideali che l’hanno accompagnato nelle sue lotte.


mercoledì, maggio 02, 2007

ARANCIA MECCANICA

C'è chi dice che da Kubrick in sù si parla di cinema, per il resto si tratta di film per la televisione.
Certo che guardare un suo film è un'esperienza totale, che va al di là di semplice intrattenimento.
Ho scelto di analizzare Arancia Meccanica perchè è stato il suo primo film che ho visto e che ha cambiato il mio modo di guardare la settima arte. Questa critica l'ho scritta un paio di anni fa, su alcune idee sono ancora d'accordo quindi la pubblico, poi forse ne scriverò un'altra per vedere come sono cambiato:

ARANCIA MECCANICA
Un modo per analizzare in modo superficiale "Arancia Meccanica" è considerarlo esclusivamente come un film di violenza, oppure criticarlo per le scene di nudo.
Lo scopo di questo film non è sicuramente quello di inneggiare alla sovversione o all'anarchia, bensì un altro, che ora andremo ad esaminare.

Il protagonista è Alexander DeLarge, detto Alex. E' sua la voce fuori campo che ci accompagna per tutta la durata del film e ci rivela la personale interpretazione dei fatti che lo vedono partecipe. E' a capo di un gruppo di giovani, i drughi, che passano le loro serate in un locale, Il Korova Milk Bar, a bere "latte più", oppure vanno in giro a praticare un po' di amata e sana ultraviolenza.
Di questo tratta la prima parte del film: la vita quotidiana di Alex, tra una rissa e uno stupro, intervallata con momenti insieme alla famiglia, il padre a la madre, in cui viene analizzata la scarsa importanza nei confronti del figlio. Tutto questo accompagnato dalle dolci note di Beethoven, sua grande passione.

La seconda parte, quella più lacrimogena e tragica, racconta della prigionia di Alex, catturato dopo un omicidio più o meno voluto: è condannato a 14 anni di carcere, ma dopo soli 2 anni decide di partecipare al trattamento "Ludovico", ideato per diminuire la violenza e per risolvere il problema del sovraffollamento delle prigioni.La terapia consiste nell'alterare la personalità del paziente, rendendolo incapace di fare del male, attraverso strane medicine e visioni di film violenti. Per cui, quando Alex prova a esternare la sua rabbia, sente un profondo senso di nausea che lo blocca.
Il tema su cui si basa il film è proprio questo; è giusto o no che, per il bene dello Stato e della società, un individuo debba rinunciare alla propria personalità?La risposta ce la fornisce il parroco del carcere, affermando che, quando un uomo perde la libertà di scegliere tra il bene e il male, non è più un uomo. Questa libertà ci è stata donata da Dio, ed è immorale che l'uomo si prenda la responsabilità di negarla. Chi ci crediamo di essere per sentirci padroni della vita degli altri?
Dopo questa "cura", Alex viene scarcerato e, a 'mo di contrappasso dantesco, si ritrova essere vittima di coloro che ha precedentemente violentato e picchiato.Non è capace di difendersi, così.... Non voglio rivelarvi il finale, sarebbe troppo presuntuoso da parte mia. Mi scuso inoltre se le informazioni che vi ho fornito siano sembrate rivelatrici della trama, ma ritengo importante la necessità di seguire una chiave di lettura adeguata.Comunque basta il nome di Kubrick per rendersi conto che non si tratta di un semplice film, ma di un'autentica opera d'arte da cui usciremo senz'altro sconvolti.
In "Arancia Meccanica" la sua impronta è già dall'inizio significativa. Il primo piano di Alex ci immerge immediatamente nel film.
Le immagini che vediamo formano un quadro in movimento. Una scena nel carcere ricorda "La ronda dei carcerati " di Van Gogh. La musica (di Walter Carlos) imprime in sé tutta l'essenza della trama.

La musica.

Possiamo considerare Beethoven come un secondo protagonista. Le sue note, soprattutto la 9° Sinfonia, vengono riprodotte quasi in modo cinico, come sottofondo alla violenza. La passione che Alex prova per il grande "Ludovico Van" è un elemento molto affascinante della storia e, nonostante sia messa a dura prova dall'evolversi delle vicende, rimane sempre intatta e incredibilmente contagiosa. Oltre a Beethoven, la musica di Rossini, Mozart e altri compositori classici crea una sintuosa cornice della storia. Alcune scene sono rimaste indelebili nell'immaginario collettivo.
La spiazzante dinamicità dell'azione in cui Alex si accoppia con due ragazze abbinata all'Overture di Rossini nel Guglielmo Tell, oppure l'interpretazione di "Singin' in the rain" di uno sprezzante Alex mentre picchia un povero scrittore e intento a violentare la malcapitata moglie. Quest'accoppiamento tra l'eleganza della musica e la malvagità espressa dai giovani è perfettamente controllato da Kubrick; è riuscito a non cadere nel banale, ma a rendere questo binomio parte attiva del soggetto. Il regista ha preso spunto dal libro di Anthony Burgess "Arancia Meccanica", uscito in Inghilterra nel 1962. Il titolo, in inglese Clockwork Orange", sembra perfetto per sintetizzare la meccanicità che Alex assume dopo il trattamento "Ludovico". E' diventato una specie di automa, incapace di soddisfare le proprie voglie.
Un altro tema in comune tra libro e film è lo slang espresso dai 4 drughi, il nadsat. Un linguaggio estremamente essenziale per definire alcuni termini significativi come Gulliver(testa), Devotchka(ragazza), ecc..

Come in ogni altro film di Kubrick, la trama è dominata dal pessimismo del regista verso l'umanità. Lui ritiene che l'uomo si evolva solamente per soddisfare i propri bisogni, sfruttando gli altri attraverso la violenza. Non vuole però criticare l'uomo inventandosi una ipocrita morale, ma compie un'attenta riflessione su questo argomento.Il suo lavoro è stato di una essenzialità unica. Il superfluo è stato tralasciato, i dialoghi ridotti al minimo, senza inutili divagazioni.Kubrick vuole avvicinarsi ogni volta alla perfezione. La sua tecnica l'ha sfiorata parecchie volte.La fotografia, l'uso della macchina da presa, gli obiettivi, le luci sono ancora un esempio per i cineasti più affermati.
Vi consiglio di vedere le sue opere. 13 in più di 40 anni di carriera. Una su tutte "2001 Odissea nello Spazio", forse il miglior film di fantascienza e non solo mai realizzato.La sua raffinatezza, la reale crudeltà che vuole rappresentare, la tecnica sopraffina abbinata ad un'acutezza esemplare rendono Stanley Kubrick il miglior regista di tutti i tempi.