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sabato, maggio 19, 2007

LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO

Elio Petri ha realizzato questo film con l’intento di fornire una visione realistica della vita di un operaio, sia all’interno della fabbrica che durante la vita familiare.

Ha scelto di prendere sotto esame la storia di Ludovico Massa, Lulù per gli amici, forse per il suo cognome quanto mai significativo, ma soprattutto perché il percorso di questo operaio milanese tocca tutti gli aspetti che hanno segnato il percorso delle lotte operaie in Italia agli inizi degli anni ’70.

Massa è uno stacanovista, campione del cottimo, amato dai dirigenti e per questo odiato dai suoi colleghi. Quando però perde il dito durante il lavoro inizia a riflettere su ciò che è diventato, cioè un automa che rasenta la pazzia e decide di partecipare attivamente alle lotte operaie, spinto da studenti comunisti. Per questo motivo viene licenziato, ma il sindacato riesce a farlo riassumere dopo una lunga assemblea.

Questa essenzialmente è la trama principale, da cui possiamo scorgere molti aspetti utili al fine di una ricerca storica su quel periodo.

Già da subito capiamo che la Fabbrica ha un ruolo fondamentale nella storia del film e quindi nella Storia italiana. Questo tassello narrativo è sottolineato della marcia musicale che Enrico Morricone ha realizzato, componendo assordanti rumori di macchinari in azione e in questo modo scandisce con forza il tempo , riducendo tutta la giornata a stressanti ritmi di lavoro.

Questa musica è presente sia durante le ore lavorative, sia quando Lulù torna a casa ed è disteso a letto con la sua compagna.

La vita di Massa è perciò segnata profondamente dalla fabbrica, è perseguitato dall’atmosfera buia e monotona della catena di montaggio, non riesce a staccarsene neanche quando parla con il suo bambino.

Di conseguenza la sua vita sociale è pressoché inesistente: non riesce a soddisfare le esigenze della moglie a causa della stanchezza e a tavola gli unici interlocutori sono i personaggi della televisione.

Quando la scena si sposta all’interno di una abitazione, sentiamo sempre come sottofondo o la voce di Mike Bongiorno o le musiche del Carosello e la TV diviene l’unica fonte di luce in mezzo ad un buio esistenziale.

Questa realtà è ben descritta da uno studente che critica la situazione dell’operaio medio: lo ritiene pienamente succube al gioco del capitalismo che punta solamente a inculcargli l’ideologia del consumismo, ingannandolo attraverso finti modelli di vita imposti dalla stessa televisione, rendendolo così un semplice oggetto di mercato.

La compagna di Massa è l’esempio di questo pensiero: sogna pellicce di visone e il suo fine è la ricchezza. Questa figura è in contrasto con le tendenze del marito: durante un incontro tra compagni lei commenta: “Senza padroni, voi sareste tutti dei morti di fame”. Istiga così la platea comunista, invano calmata da Lulù con le parole:” Vota democrazia cristiana, ma è buona”.

Durante questo incontro ci accorgiamo inoltre di come Massa, convertito al movimento operaio, non sia in grado di integrarsi a pieno nel movimento: non riesce a seguire i difficili discorsi degli studenti e ne resta inevitabilmente escluso. Del resto, come potrebbe? Il suo lavoro consiste in un’azione manuale che si ripete per tutto il giorno. Non è coinvolto neanche nel processo produttivo della fabbrica: non sa neanche a cosa siano destinati i pezzi che produce con tanta fatica.

Come lui sono tutti gli operai che gli stanno accanto, tutti quelli che la mattina presto entrano dai cancelli e ne escono la sera tardi, ricordando nel loro fiumare la scena che apre “Tempi Moderni” di Chaplin, nella quale un gregge di pecore riempie lo schermo.

Il film di Petri infatti può essere comparato a quello di Chaplin, visto che entrambi hanno realizzato un’opera riguardante la vita degli operai in fabbrica estremamente allegorica.

Un’altra scena importante è quella degli scontri davanti i cancelli dell’imponente “BAN”. Tutto evoca una condizione militaresca: la presenza delle forze dell’ordine, l’aggressività che imperversa in ognuno dei partecipanti, l’ambientazione e il movimento agitato e brusco della macchina da presa rendono facile la similitudine con la guerra.

Si sono create tre fazioni in contrasto tra loro: il sindacato, la classe dirigente e i partecipanti alla lotta operaia.

Non assistiamo ad una vittoria di una categoria a discapito di un’altra, ciò che avviene è una contestazione dai toni emotivi molto alti, in cui Lulù Massa vi partecipa attivamente, anche troppo visto che come conseguenza del suo comportamento viene licenziato.

Ora Lulù è disoccupato, ma la Fabbrica rimane sempre presente nei suoi pensieri: quando va a prendere il figlio a scuola, non può fare a meno di osservare l’uscita dei bambini e compararla all’uscita degli operai a fine giornata.

E’ rimasto solo, nella sua casa buia e angosciante, e non è in grado di reagire. Vorrebbe prendersela con i capi, i capitalisti, quelli che se ne fregano di chi è Ludovico Massa e non farebbero niente per lui. Vorrebbe dare un calcio a quel dirigente, a quel riccone di turno. Eccolo, è lui: quel pupazzo di Zio Paperone che piace tanto al figlio. E’ lui il Capo del personale che non fa niente per riassumerti. Prenditela con lui Lulù, strappagli le piume, è l’unico modo che hai per farti rispettare. Buttalo contro il muro. Alla fine però non hai ottenuto niente.

Inizia ad ammalarsi la mente di Lulù, inizia ad assomigliare a Militino, anche lui ex operaio, ora dorme in un manicomio. E’ questo l’unico modo di liberarsi della puzza di fabbrica: diventare matto, e Massa ci sta riuscendo.

Però per vivere bisogna avere uno stipendio.

Cerca così di farsi aiutare per l’assunzione dagli stessi studenti che lo hanno spinto alla lotta, ma riceve una secca risposta:” A noi non interessano i casi individuali, noi vogliamo un discorso di classe”.

Quando dei rappresentanti del sindacato lo raggiungono a casa, iniziamo a sentire la marcia della pressa, un presagio all’ imminente notizia della riassunzione di Massa, che tornerà a lavorare alla catena di montaggio.

L’alienazione dell’operaio rimane ancora presente, nonostante le continue lotte.

Il binomio Petri-Volontè è in “La classe operaia va in Paradiso” più che mai funzionale agli obiettivi che il soggetto si era imposto: ci mostra, senza mezzi termini, la situazione dell’operaio in quel caldo periodo della Storia Italiana, cioè prima dell’avvento del post-fordismo che toglierà a questa classe sociale ogni suo ruolo attivo nel processo produttivo e dell’appannamento degli ideali che l’hanno accompagnato nelle sue lotte.


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